Mio figlio non mangia: cosa fare?

“Mio figlio non mangia, cosa posso fare?” E’ una delle domande che più frequentemente i genitori di bambini con autismo si pongono. Molti genitori lamentano che i propri figli detestino mangiare alcuni cibi e ne adorino invece altri. Comprensibilmente questa situazione desta molte preoccupazioni nei genitori soprattutto quando il proprio figlio “non mangia quasi nulla”.

Selettività alimentare nell’autismo: cosa comporta?

La selettività alimentare nei bambini con autismo comporta una forte rigidità nella scelta del cibo, con la conseguente assunzione di un numero limitato di alimenti, accompagnata da un rifiuto per i nuovi cibi. Spesso si manifesta in forme estreme perché si combina ad alcune caratteristiche tipiche della malattia come la ritualità, la ripetitività o l’ipersensibilità. Ci sono bambini particolarmente attenti ai colori, ad esempio, che scelgono di nutrirsi esclusivamente con cibi rossi o verdi o gialli. Oppure ragazzi che si rifiutano di mangiare se gli alimenti non sono disposti sul piatto secondo uno schema preciso. Riguarda circa il 30% della popolazione pediatrica generale.

Tra i bambini con spettro dell’autismo, circa il 50% è selettivo

Tra i bambini con sindrome dello spettro autistico la percentuale cresce considerevolmente: oltre il 50%, infatti, seleziona gli alimenti in base a forma, colore e consistenza, rendendo il pasto un momento difficile che può incidere sul loro benessere e su quello della famiglia. Dunque i bambini mangiano solo alcuni cibi e ne rifiutano gli altri, e quando il genitore cerca di allargare il range di cibi assunti dal proprio bambino questo reagisce, nella maggior parte dei casi, con disgusto e rabbia. Altre reazioni possono essere: urla, pianto, aggressività etero e auto diretta, fuga, angoscia, masticare senza deglutire e sputare.

Mio figlio non mangia? La preoccupazione dei genitori..

Questa situazione può, come già detto, preoccupare molto i genitori che in alcuni casi non presenteranno più il cibo già rifiutato dal proprio bambino o ragazzo o in altri casi, pur di farlo mangiare, di presentare in maggiore quantità il cibo che invece il proprio figlio assume. Inoltre anche il momento di preparazione e consumo del piatto porta i genitori a sentirsi più frustrati e preoccupati.

Non esistono differenze cliniche o comportamentali tra i bambini autistici selettivi e non selettivi. Hanno lo stesso quoziente intellettivo, stessi problemi e stesse abilità. Il rifiuto di alcuni o di molti cibi, quindi, non accresce né è determinato dalla gravità della patologia. Si è scoperto, invece, che la selettività incide significativamente sulla percezione che i genitori hanno della gravità della malattia del proprio figlio. A parità di condizioni cliniche, i bambini selettivi vengono ritenuti da mamma e papà più problematici rispetto a quelli non selettivi e per questo motivo vengono trattati in modo diverso.
La gestione del pranzo, della cena o la preparazione di pasti “speciali” innalza i livelli di stress di questi genitori, perché fonte di frustrazione e preoccupazione.

Mio figlio non mangia. Cosa fare? Ecco qui 10 consigli:

1) Tutta la famiglia deve cercare di avere lo stesso tipo di alimentazione
Il bambino è influenzato a livello sociale nella scelta degli alimenti e tende a mangiare per imitazione. In questo ambito la famiglia ricopre un ruolo cruciale come modello.

2) Gli alimenti devono essere riproposti più volte
Il consumo ripetuto di un alimento aumenta il gusto del bambino per l’alimento stesso. È importante non presentare lo stesso piatto in maniera continuativa, ma farlo a distanza di tempo per non generare noia. Sulla tavola devono essere proposti sempre tutti gli alimenti, compresi quelli non graditi dal piccolo, cucinati in maniera differente.

3) Gli adulti non devono costringere il bambino ad assaggiare un alimento con forza
L’assaggio forzato può accrescere l’avversione del piccolo. Anche proporre un premio a seguito dell’azione (es: “mangia tutte le verdure nel piatto e poi avrai il gelato”) non porta il bambino a consumare volontariamente il cibo, piuttosto a sovralimentarsi solo per ottenere il premio.

4) L’orario del pasto deve essere rispettato
Il pasto deve essere un momento ben preciso della giornata: è opportuno che tutta la famiglia mangi alla stessa ora e alla stessa tavola.

5) No giochi, no TV
Il pasto è un momento importante, non sono concesse distrazioni. Occorre invitare il piccolo a spegnere la televisione e ad allontanare i giochi. Quindi lasciarlo libero di sperimentare e conoscere gli alimenti presenti sulla tavola.

6) Organizzare un percorso di familiarizzazione col cibo
Il rifiuto di alcuni alimenti si accompagna spesso al rifiuto ad assaggiare; per portare i ragazzi a provare il sapore di un cibo è necessario stimolarne la curiosità attraverso i sensi: dalla conoscenza alla sperimentazione.

7) Portarlo a fare la spesa
Mamma e papà possono lasciarsi aiutare dal proprio figlio nella scelta degli alimenti da acquistare. Rendere partecipe il bambino nel momento della spesa lo farà sentire padrone delle proprie scelte.

8) Coinvolgere il bambino mentre si cucina
Il bambino deve poter prendere confidenza con ciò che ha scelto al supermercato attraverso i 5 sensi in un percorso di amicizia con il nuovo: lavare, sbucciare, tagliare e inventare ricette insieme a mamma e papà per essere invogliato a gustare le proprie creazioni.

9) L’ultimo passo: assaggiare insieme
Dopo aver preparato insieme il piatto, mangiare qualcosa che il bambino ha visto nascere e che ha conosciuto in tutte le fasi di preparazione, può rassicurarlo e fargli vincere la neofobia. Se ciò non accade, non forzarlo nell’assaggio, ma riproporre nel tempo e più volte il cibo non amato, in modalità diverse.

10) La cucina diventa una festa
Prendere un cappellino da chef e rendere partecipe il bambino. Il tempo giocherà a favore di tutta la famiglia.

Mio figlio non mangia: Punto Psicologico Autismo Bergamo può aiutarti

Punto Psicologico Autismo Bergamo può aiutarti con percorsi di “parent training”: una serie di tecniche comportamentali da insegnare ai genitori per prepararli a gestire il momento complicato del pasto, far alimentare in maniera adeguata i figli e migliorare l’approccio al problema abbassando la soglia di preoccupazione e di ansia.